GLI ESERCIZI DI PROPRIOCEZIONE

© Alessandro Bares, 2019

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Il primo gruppo di esercizi si concentra sull’ascolto del corpo. Moltissime discipline sempre più diffuse aiutano in questo percorso insegnando alla persona a riconoscere gli stati di tensione localizzati in vari punti del corpo e a gestirli. Ne citerò alcune, ma questo elenco è molto incompleto: Rolfing, Grinberg, Feldenkrais, training autogeno, shiatsu, meditazione, yoga. Ognuno di questi metodi ha presupposti e finalità diverse, ma tutti si basano sul concetto che la persona può aiutare se stessa sentendo il proprio corpo ed agendo di conseguenza.

La finalità degli esercizi di propriocezione non è il semplice e generico rilassamento (che ne costituisce una condizione essenziale), bensì la capacità di attuare costantemente una sorta di “scansione” delle tensioni del corpo, in modo da poterle poi gestire. Come dice giustamente Carl Flesch nella sua “Kunst der Violine” del 1924, non si può suonare uno strumento semplicemente rilassando tutti i muscoli: qualche muscolo che lavora ci deve pur essere! Il problema è quello di sapere in ogni istante quali muscoli devono lavorare e quali devono rimanere rilassati.

Dal metodo Feldenkrais ho imparato il concetto di “qualità del movimento”. Il suo significato è, più o meno: non solo bisogna sapere quali muscoli devono lavorare, ma bisogna sapere quanta energia devono utilizzare. Un muscolo che utilizzi troppa energia diventa presto rigido ed inutile per il fine gioco di movimenti richiesti per suonare uno strumento.

L’altra cosa da sapere è che, se i muscoli che devono stare rilassati non lo sono, allora saranno certamente di impaccio. Immaginiamo di dover spostare una valigia pesante: se il nostro amico, anziché starsene tranquillo ed aspettare il suo turno di spostare la propria valigia, cerca maldestramente di aiutarci tenendo in mano la sua valigia non farà altro che aggravare il nostro carico di lavoro.

Ho usato spesso il verbo “sapere” in queste istruzioni, ma è chiaro che il suo significato in termini di fisicità del corpo è quello di “sentire”, “percepire”.

Presupposto essenziale per sentire il proprio corpo è uno stato di generale rilassamento e benessere che può venire sia dall’esterno (l’ambiente in cui ci si appresta ad effettuare gli esercizi) sia dall’interno (sotto forma di una grande concentrazione, stando attenti a non confondere concentrazione e tensione!).

Altra condizione essenziale è una buona respirazione, profonda, e che “invada” ogni parte del corpo: è importante sentire che con l’ispirazione non si riempiono solo i polmoni. Come i cantanti dobbiamo sentire che il respiro riempie tutto il corpo: petto, addome, schiena, spalle, braccia, bacino, gambe. Una buona respirazione profonda attiva ogni parte del corpo, anche quelle che il cervello non è abituato a gestire.

Un metodo efficace per gestire una tensione (una volta che la si sia individuata) è quello di aumentarla volutamente, eventualmente aiutandosi anche con altre tensioni, finché la sensazione di tensione sia perfettamente chiara, e poi lasciarla. Ripercorrere il percorso dallo “sbagliato” al “giusto” e viceversa è uno dei modi in cui il cervello impara meglio.

Un altro metodo efficace è quello di imporre ad una parte del corpo “sana” (ad esempio la mano o il braccio che non patisce la distonia) la stessa sofferenza patita dalla parte sofferente. Ad esempio, se abbiamo difficoltà ad alzare il quarto dito della mano sinistra, possiamo cercare di imporre al quarto dito della mano destra la stessa difficoltà. Le prime volte può sembrare un po’ assurdo, ma con l’esercizio il cervello impara che il percorso di risoluzione del problema da parte della mano destra (che lo fa spontaneamente, non patendo particolari difficoltà) può essere insegnato anche alla mano sinistra.

L’applicazione concreta degli esercizi di propriocezione alla tecnica di qualunque strumento consiste nel semplificare il più possibile i movimenti e, in ogni situazione, attuare una specie di “scansione” delle tensioni che coinvolgono ogni parte del corpo. Per esempio, dopo aver messo la mano in maniera da suonare una nota, ci si può concentrare sul percorso che va dalla nuca alla spalla, al braccio, al gomito, all’avambraccio, al polso, al palmo, al dorso ed alle dita. Attraverso dei lievi movimenti di ognuna delle parti “scansionate” possiamo sentire lo stato di tensione o rilassamento delle stesse. Un leggero tocco da parte di un’altra persona può aiutarci a spostare la nostra concentrazione da un punto all’altro.

Sembra un esercizio banale, ma la sua applicazione può richiedere capacità di analisi del proprio corpo difficili da acquisire.

Movimenti più o meno accentuati, ma sempre attuati con il massimo rilassamento, possono aiutare ad eseguire la stessa “scansione” nelle parti del corpo non direttamente coinvolte nel suonare: piedi, caviglie, polpacci, ginocchia, anche, bacino, schiena.

Piano piano questi movimenti, eseguiti in maniera via via più ridotta (ma sempre nella massima libertà), andranno integrati al movimento generale del corpo durante lo studio e le esecuzioni musicali, in modo da avere costantemente la possibilità di controllare istantaneamente lo stato di tensione o rilassamento di ogni parte del corpo.

È importante insistere sul concetto di “ogni” parte del corpo, perché il cervello tende a semplificarsi il lavoro escludendo le parti più problematiche. Ad esempio se una persona ha tendenza ad avere le ginocchia rigide, il suo cervello tenderà a “glissare” quando la sua concentrazione dovrebbe concentrarsi sulle ginocchia e a non rilevare lo stato di tensione.

Gli esercizi di propriocezione vanno applicati ad ogni momento dell’apprendimento tecnico in maniera dinamica: durante ogni movimento è possibile rendersi conto dello stato di tensione o rilassamento delle varie parti del corpo.

Più spesso si applica questa modalità di studio, tanto più i nostri movimenti saranno esenti da fattori di rischio che mettano in pericolo la nostra tecnica, sia che stiamo suonando una sonatina di Clementi, sia che eseguiamo un concerto di Liszt.